Sono due i problemi legati ai rifiuti in Campania: la camorra e le istituzioni. Entrambi puntano al business.
di Alex Zanotelli
Non basta che il ministro Ferrero sbatta la porta o che il collega all’ambiente Pecoraro Scanio prenda una posizione forte, perché quello che è successo ieri è un vero e proprio tradimento: c’era stato un patto venerdì tra il senatore Sodano, presidente della commissione rifiuti, il prefetto di Salerno e il commissario Bertolaso per rimandare la discussione a sabato mattina a mezzogiorno, la popolazione di Serre era tornata a casa lasciando al presidio una trentina di persone che sono state vigliaccamente caricate alle 8 di mattina. Si tratta di una popolazione che per 5 mesi ha manifestato in modo nonviolento. Avrebbero potuto occupare l’autostrada o la ferrovia e invece hanno scelto di rimanere pacificamente sulla loro terra a difenderla, ed è questo livello di civiltà e consapevolezza che ci dà speranza.
Quello che è successo a Serre è gravissimo oltre che assurdo: attaccammo Berlusconi per il decreto Matteoli e venerdì il governo Prodi ha fatto lo stesso, affidando al Commissariato all’emergenza rifiuti poteri tali da bypassare la legge e la magistratura, che vietano di installare una discarica in un’area protetta, a maggior ragione dopo l’ordinanza del Tribunale di Salerno che ne ha bloccato la costruzione. Siamo di fronte allo Stato che schiaccia lo Stato. Ma quello che sta avvenendo è soprattutto il trionfo delle lobby economiche, con il presidente degli industriali campani Lettieri, dopo il decreto legge, che incita alla costruzione dell’inceneritore ad Acerra.
Non si risolve il problema rifiuti con la repressione della popolazione, ma affrontandolo sotto un duplice aspetto. Il primo è la camorra, che da oltre due decenni ha capito che munnezza è uguale a ricchezza, riciclando nel territorio campano i rifiuti tossici delle lavorazioni del nord Italia. Prima il triangolo delle morte era concentrato nei territori di Nola, Acerra e Marigliano, ora si sono spostati nella cosiddetta «Terra dei fuochi», cioè Giugliano, Cardito, Caivano e Marigliano, dove bruciano incessantemente rifiuti di ogni genere, rendendo l’area casertana una terra malsana per la salute, tra diossina, metalli pesanti e microparticolati che infestano latte e verdura, rovinando persino un’industria fiorente come quella casearia.
L’altra faccia del problema si chiama invece istituzioni, che hanno scelto di fare dello smaltimento dei rifiuti un business selvaggio in mano alle lobby economiche private. Solo così si spiegano 14 anni di emergenza continua senza mai arrivare a una soluzione seria, con circa 2 mila miliardi di vecchie lire spesi per produrre 6 milioni di tonnellate di ecoballe, che sono più che altro una balla perché di «eco» non hanno nulla. Bruciate o seppellite finiscono per rovinare territorio e salute.
L’unica via di uscita è la raccolta differenziata casa per casa, il riutilizzo dei rifiuti e l’adozione di tutti gli strumenti possibili per una campagna di informazione che educhi al consumo responsabile. Nella liberista america, a San Francisco, viene recuperato il 73% dell’immondizia. Se l’obiezione è che qui non c’è la cultura allora rispondo che in 14 anni e con tutti i soldi che hanno sperperato avremmo già avuto dei cittadini responsabili, se qualcuno si fosse preoccupato di questo. Quello che serve è un paese che investa in un modello radicalmente diverso, che disincentivi l’utilizzo della plastica, degli imballaggi inquinanti, dell’usa e getta, invece utilizziamo i soldi del Cip 6 inseriti nelle bollette che paghiamo all’Enel per finanziare inceneritori anziché fonti rinnovabili, con un impianto enorme come quello di Acerra che ci costa 254 milioni di euro.
Da: Il Manifesto, 13 maggio 2007
L’incidenza dei rifiuti sulla salute in Campania: i dati del CNR
Se si traccia una linea su una carta geografica, Nola, Acerra e Marigliano formano un triangolo irregolare. Tre cittadine piazzate tra Napoli e il casertano, in un hinterland cresciuto a dismisura. In questo triangolo da alcuni anni un gruppo di medici, oncologi, ed epidemiologi dei principali nosocomi partenopei da tempo lancia l’allarme sanitario. In questa zona abitata da oltre mezzo milione di persone l’indice di mortalità per tumore al fegato ogni 100 mila abitanti sfiora il 35,9 % degli uomini e il 20,5 % per le donne rispetto a una media nazionale che è del 14 %. Mortalità ben più alta che nel resto d’Italia anche per quanto riguarda il cancro alla vescica, al sistema nervoso e alla prostata.
La colpa?
Gli oncologi puntano il dito sulle discariche illegali, nelle quali finisce di tutto. Valori al di sopra della media anche per la mortalità infantile e per i feti malformati. La Protezione Civile ha realizzato con l’OMS, il CNR e l’Istituto Superiore di Sanità un’indagine epidemiologica che esamina proprio la mortalità nelle due province di Napoli e Caserta: si annida qui il record italiano. Ci sono dei comuni dove gli aumenti di malformazioni cardiovascolari e dell’apparato nervoso arrivano all’8 e al 9 %, ma il dato più grave riguarda le donne in gravidanza: la percentuale delle malformazioni fetali supera dell’80% la media nazionale.
Dati estratti da Lancet studio di Alfredo Mazza (ricercatore CNR)
Una pubblicazione su "The Lancet Oncology" del 2004 pubblicava uno studio di Alfredo Mazza ricercatore del Cnr. Riferiva che tra i comuni di Nola e Acerra il cancro uccide di più, datosi che in esse vengono riversate una marea di rifiuti tossici.
La guerra dei rifiuti che tuttora sta sconvolgendo l’hinterland napoletano sbarcava, dunque, su "Lancet", rivista scientifica tra le prime nel mondo che nella sezione dedicata all’oncologia definisce i paesi di Nola, Acerra e Marigliano il "triangolo della morte".
Già tre anni fa è stato appurato che in questo pezzo di Campania si muore di tumore ben più che nel resto d’Italia, come dimostrano le statistiche degli ultimi anni, se si pensa che in questa zona abitata da oltre mezzo mil
ione di persone l’indice di mortalità per tumore al fegato è altissimo rispetto alla media nazionale. "Siamo di fronte a un allarme sanitario gravissimo – queste le parole del giovane ricercatore del CNR Alfredo Mazza – La questione dei rifiuti nell’Italia meridionale sta raggiungendo proporzioni epiche. "Sì, noi siamo stati ridotti a fare le cavie di un esperimento mostruoso: nelle discariche legali, e soprattutto in quelle "illegali", sono state sotterrate per circa un ventennio sostanze tossiche, sostanze che poi riemergono e rientrano nella catena alimentare. Dai sali di ammonio ai sali di alluminio, al piombo, ai copertoni che bruciano come un pozzo di petrolio in fiamme e sviluppano sostanze cancerogene. Sepolte in questa zona ci sarebbero anche sostanze radioattive provenienti da rifiuti speciali ospedalieri. Gli effetti sull’uomo sono devastanti: "Di due tipi: malformazioni fetali fino al mancato sviluppo di un organo oppure sviluppo di tumori, sia negli adulti che nei bambini. Gli organi colpiti, vescica, fegato, stomaco sono più sensibili e c’è maggiore probabilità che la sostanza tossica entri all’interno della cellula. Tra i 20 e i 40 anni il rischio leucemie e linfomi è più elevato".
Da quello studio prende oggi le mosse quello di un team di 30 ricercatori che ha messo nero su bianco numeri e statistiche in uno studio che fotografa la situazione dal 1995 al 2002: impennata di mortalità del +12% per le donne e del +9% per gli uomini e +84% di malformazioni congenite.
Non è solo una questione di ‘monnezza‘. Di ‘puzza’. Di topi. Questa emergenza rifiuti in Campania va sanata correttamente e bene. Ma soprattutto presto. Perché questa spazzatura lasciata in cumuli e discariche illegali per troppi anni non costa solo dignità a un’intera regione, ma è già costata anche molte vite e molti danni per la salute della gente. Danni come tumori al polmone e al fegato, linfomi e sarcomi, malformazioni congenite cresciute dell’84%. Fino a un’impennata di mortalità del +12% per le donne e del +9% per gli uomini. Numeri, statistiche, cifre, percentuali, messi nero su bianco da un team di circa 30 ricercatori, in uno studio scientifico commissionato dalla Protezione Civile, il cui rapporto finale lungo cento pagine uscirà prima dell’estate. Si tratta di una ricerca redatta da scienziati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), del Centro Europeo Ambiente e Salute, dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), del Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, dell’Istituto Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), dell’Osservatorio Epidemiologico della Regione Campania e dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) della Campania. Partito nell’aprile del 2004, lo studio fotografa la situazione dal 1995 al 2002, attraverso ricerche effettuate su dati epidemiologici raccolti in quegli anni, e dice a chiare lettere che "sono state rilevate numerose associazioni positive e statisticamente significative (cioè non imputabili al caso) fra salute e rifiuti". Molte parti di questo studio hanno trovato spazio in prestigiose pubblicazioni scientifiche come la britannica ‘The Lancet Oncology’ o l’Annals New York Academy of Science. O sono state oggetto di relazioni a congressi nazionali e internazionali, nel corso dei lavori di ricerca. Ecco cosa hanno spiegato all’ADNKRONS Pietro Comba, dell’Istituto Superiore di Sanità, e Fabrizio Bianchi, della sezione di Epidemiologia dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, due dei ricercatori che hanno preso parte alla ricerca. Comba e Bianchi sottolineano subito che i rischi e i problemi per la salute non nascono dalle "discariche ben fatte cioè progettate e gestite a norma, o da inceneritori ben fatti cioè progettati e gestiti a norma. I rischi per la salute arrivano, come dimostrato dallo studio, da discariche illegali o abusive non costruite a norma e dove si fa stoccaggio incontrollato di rifiuti anche tossici". "La tutela della salute della popolazione della Campania – sottolinea Comba – è subordinata al ripristino della legalità. Che significa una razionale programmazione di tutto il ciclo dei rifiuti, dalla riduzione di produzione da parte del cittadino, al riuso, alla raccolta differenziata, al riciclo e non solo. Ma significa anche la realizzazione di discariche ben fatte e di inceneritori che rispettino le normative dell’Ue, dove si bruciano combustibili appropriati e che siano condotte da personale adeguatamente formato". L’auspicio è che si volti davvero pagina. Visto che, stando allo studio, è grave il danno fatto dalla ‘monnezza’, reale ed etica, alla salute della gente della Campania. Lo studio è stato condotto nelle province di Napoli e Caserta, rispettivamente in 86 e 140 siti classificati in 5 gruppi in base alla pericolosità e alla densità di popolazione residente intorno ai siti stessi, per un totale di 196 Comuni.