REGGIO CALABRIA, 17 FEBBRAIO 2007
Oltre un chilometro di ragazzi provenienti da tutta Italia (più di 5000 secondo le stime dei coraggiosi promotori del movimento giovanile ‘Ammazzateci tutti’) hanno dato vita alla manifestazione contro tutte le mafie del 17 febbraio scorso a Reggio Calabria. “Mafie: consenso negato!” è la prima mobilitazione giovanile auto-organizzata della Calabria con respiro nazionale su obbiettivi che riguardano l’intera sociale civile italiana. Un evento di forte impatto sociale e istituzionale, quindi, non solo per il peculiare contesto calabrese, dove vige il principio dell’intangibilità dei rappresentanti dei poteri criminali e delle logge massomafiose che controllano il territorio, in collusione con ampi settori delle istituzioni e dei Palazzi romani, tra cui lo stesso C.S.M., come invano denunciato da oltre dieci anni dai migliori magistrati antimafia, come Salvo Boemi, Roberto Pennisi e Agostino Cordova, minacciati di morte, messi a tacere e/o delegittimati dagli stessi poteri che a ragion veduta accusavano inascoltati.
La voce dei giovani della Calabria, unita a quella di tanti ragazzi che sono affluiti da ogni parte di Italia, contro tutte le mafie, rappresenta quindi una grande speranza per l’intero Paese e un nuovo fenomeno certamente destinato a creare le premesse della progressiva realizzazione di un mutamento socio-culturale, da lungo tempo in atto, le cui istanze di giustizia e legalità, largamente condivise, non possono essere ormai oltremodo rinviate, risultando intollerabile che il potere politico, economico e amministrativo e le istituzioni dello Stato possano continuare a venire lasciate governate dalla criminalità organizzata.
Il patto perverso tra mafia, politica, Massoneria, magistratura, per spartirsi i proventi derivanti dalle attività criminali in Calabria (e non solo), in cambio di impunità, risulta storicamente documentato dagli atti di indagine degli investigatori, con particolare riferimento all’operazione “Olimpia” della Procura Antimafia di Reggio Calabria e alle inchieste dell’ex Procuratore di Palmi, dr. Cordova, sulla Massoneria, a cui l’ex Presidente della Repubblica Cossiga regalò un cavalluccio a dondolo, in segno di scherno, invitandolo ad altri “giochi”, mentre le massime Autorità dello Stato, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, giungevano incredibilmente ad impedire l’esecuzione dell’ordine di perquisizione della sede del “Grande Oriente d’Italia”, a Roma, negando l’acquisizione delle liste degli affiliati, tra cui figurano <insospettati politici> di ogni schieramento e grandi nomi dell’imprenditoria italiana, tuttora in auge.
Prima di venire assassinato per avere rivelato agli inquirenti i segreti della Massoneria (simulando un finto suicidio mediante impiccagione), il notaio Pietro Marrapodi (fiduciario delle logge massoniche locali) confessò di avere suggellato varie società scellerate che “legavano massoneria, ‘ndrangheta e magistratura”, consegnando all’Ispettorato del Ministero di Giustizia, a Roma, un memoriale contenente le percentuali di utile da spartirsi e l’elenco degli affari avviati dagli affiliati al sodalizio criminale, siglati tra rappresentanti della ‘ndrangheta, della massoneria e quelli delle istituzioni.
Non c’è quindi molto da meravigliarsi se la manifestazione promossa dai giovani della Calabria, con l’emblematico slogan “ammazzateci tutti”, seppure investita dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, abbia registrato una scarsa attenzione da parte dei media, nonché l’assenza di rappresentanti del Governo nazionale e regionale. “Siamo rammaricati per l’assenza del Governo” hanno commentano i giovani organizzatori, stigmatizzando che, comunque, c’erano i ragazzi, le scuole, i movimenti, la Chiesa, i sindacati, le associazioni antiracket, insomma l’anima della vera società civile; “e questo è quello che ciò più conta. Al Governo nazionale faremo pervenire comunque le nostre istanze, una ad una”.
Riteniamo quindi che questo movimento che apre una nuova stagione nella lotta alle mafie, partendo dalle realtà giovanili e dal degrado del tessuto sociale, potrà risultare determinante nel cambiamento del desolante panorama politico nazionale, se sarà in grado di saldarsi alle battaglie per la legalità nelle grandi metropoli del nord, spezzando ogni forma di connivenza con i poteri forti, che si annidano anche nelle stesse istituzioni antimafia e nella chiesa, senza dimenticare che le mafie non sono più da molto tempo un fenomeno tipicamente locale. In proposito, corre ricordare le testimonianze di magistrati del calibro di Salvo Boemi e Roberto Pennisi, che denunciarono in alcune interviste rilasciate a Panorama e a L’Espresso, già più di dieci anni fa, di essere stati abbandonati e boicottati dal C.S.M. e dallo Stato, in quanto ritenuti “rei” di “non essersi accontentati di colpire il braccio militare della ‘ndrangheta” e di “avere denunciato i magistrati massoni che a Reggio Calabria avevano deciso di mettere una pietra sui processi anticosche”. Il Procuratore Boemi raccontava a Panorama, già nel 1995, senza che nulla sia a tutt’oggi cambiato: “come dopo lo scandalo della P2, nella massoneria fossero incominciati ad entrare i parenti stretti dei magistrati (i quali volevano evitare in tal modo un coinvolgimento diretto) e come le logge avessero sempre contrattato a Roma, chi dovessero essere i capi degli uffici giudiziari”, aggiungendo, infine, di essere scampato ad un attentato alla sua vita, solo grazie alle rivelazioni di un pentito (Panorama 21.9.95 e L’Espresso 16.7.98).
Si tratta, insomma, di fare tesoro del sacrificio e dell’esperienza dei tanti magistrati trucidati dalle mafie, la cui nefasta influenza si è dimostrata essere in grado di controllare anche la vita politico-istituzionale e giudiziaria, da sud a nord del Paese, come hanno, invano, ripetutamente cercato di farci capire con accorati inascoltati appelli, quegli stessi giudici oggi celebrati come eroi, simbolo del riscatto della società civile, alla ricerca di sé stessa, a partire da Giovanni Falcone (all’epoca ipocritamente accusato di protagonismo) sino a Gherardo Colombo che, pochi giorni, ha amaramente annunciato la propria decisione di dimettersi dalla magistratura, constatando che in Italia le regole continuano ad essere un optional e che preferisce dedicarsi “all’insegnamento e all’educazione delle giovani generazioni”, molto più ricettivi dei politici ai grandi temi della legalità, come dimostra l’imponente manifestazione di Reggio Calabria.
L’epilogo di mani pulite dimostra che la lotta alle mafie e alla corruzione non può più quindi rimanere prerogativa di pochi magistrati coraggiosi e isolati dalla gente, che spesso di risolve in una guerra fra bande politiche rivali per accaparrarsi il controllo del territorio, come scriveva acutamente Massimo Fini. E’ arrivata l’ora della gente comune. Ci troviamo di fronte a una svolta epocale in cui i cittadini e le associazioni della società civile sono chiamati a prendere in mano le redini del futuro del Paese, esprimendo una nuova generazione di politici, intellettuali, scienziati e uomini liberi da collari e padrini, per un armonioso sviluppo della società, come afferma Hannah Arendt che auspica si educhino generazioni in grado di pensare e di provare emozioni, ponendo in risalto l’importanza della creatività, intesa come capacità di trovare soluzioni innovative per il proprio spazio individuale e per lo spazio pubblico.
In buona sostanza, per avviare fasi di crescita economica e di sviluppo a tutto campo la società contemporanea deve offrire il massimo spazio possibile ai giovani, i soli in grado di esprimere una nuova “classe politica creativa”, caratterizzata da un elemento fondamentale, la creatività, ovvero l’energia che consente di introdurre elementi innovativi, di apportare idee e soluzioni
originali rispetto alle tradizionali organizzazioni associative e ai consueti schemi produttivi. E’ questa la “ricetta” che ci viene suggerita anche da alcuni studiosi come Richard Florida in “L’ascesa della nuova classe creativa”, ove si auspica che le persone di talento, dagli ingegneri ai musicisti, sappiano e possano dare alle altre classi delle prospettive concrete per costruire un futuro migliore, valorizzando la creatività, definita concretamente come “attività a tutto campo, ricettività intellettuale, diversità etnica, apertura politica”.
Pietro Palau Giovannetti (sociologo)
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