Ci sono persone che vivono un’Odissea giudiziaria e, affranti dalla sconfitta, lasciano che cinismo e senso di impotenza prendano il sopravvento. Preferiscono dare la colpa al Sistema nella sua totalità, ne generalizzano le anomalie dimenticando che esso non è un’entità astratta e avulsa dalla realtà, ma un insieme di persone che lavorano e di norme che regolano. Questa, invece, è la storia di un uomo che ha deciso di trasformare il veleno della giustizia tradita nella medicina della conoscenza. La storia di quest’uomo è stata oggetto di interrogazioni parlamentari, articoli giornalistici, provvedimenti della magistratura.
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Il protagonista, il maresciallo della Guardia di Finanza di Catania Antonio Laurino, ha deciso di interiorizzare fino in fondo quello che ha vissuto. Si è interrogato sul significato tecnico delle formule processuali e si è dotato autodidatticamente degli strumenti giuridici per capire compiutamente decisioni prese sulla sua pelle, senza fermarsi al significato letterale con il quale sono state emanate.
Il risultato è un lavoro di analisi approfondita, denso di argomentazioni dottrinali e riferimenti giurisprudenziali. Il tema che abbraccia è di quelli politically scorrect: qual è il confine tra libero convincimento e responsabilità del magistrato.
Tanti operatori del diritto si sono cimentati sull’argomento ma, certamente, scrivere dalla prospettiva di chi ha visto e vissuto è ben altra cosa che scrivere stando dietro una scrivania.
INDICE DEGLI ARGOMENTI
1. Alcune osservazioni generali sul tema della responsabilità disciplinare e civile dei magistrati dopo il decreto legislativo 23 febbraio 2006 nr.109 e la sentenza 13 giugno 2006 della Grande Sezione della Corte di Giustizia U.E.
2. La responsabilità disciplinare e civile del magistrato quali materie coperte da diverse riserve di legge.
Interpretazioni avulse dal significato letterale dei precetti legali quali manifestazioni dell’esercizio di un potere incostituzionale.
3. Dall’art.18 del Regio Decreto 511/1946 al Decreto Legislativo 23 febbraio 2006 nr.109. Esemplificativa storia di polemiche dalla memoria corta.
4. I primi tre effetti immediati dell’entrata in vigore del decreto legislativo “”Castelli”” n. 109/2006.
5. Ambito soggettivo di applicazione del decreto n. 109/2006. Esclusi i soli magistrati amministrativi e contabili, inclusi i magistrati militari.
6. Normativa regolante il potere di iniziativa disciplinare, di ispezione ed inchiesta del Ministro della Giustizia.
7. La responsabilità disciplinare quale disvalore non ontologicamente e strutturalmente scindibile dall’ istituto dell’incompatibilità ambientale e funzionale.
La lesione del prestigio dell’ordine giudiziario accertabile sulla base di massime di comune esperienza.
8. Conferma normativa alla tesi della contestuale duplice rilevanza della stessa condotta, ai sensi dell’art.26 comma 2 del Decreto Legislativo 109/2006.
9. Sul vecchio e stancante pretesto dell’insindacabilità disciplinare e civile del giudice, nell’attività di interpretazione della legge e di valutazione dei fatti. Sul superamento, netto e categorico, di tale pretesto con il richiamo operato dal comma 2 dell’art.2 del decreto legislativo 109/2006, ai criteri ermeneutici ex art.12 (ed art.14, in materia penale) disp. legge in generale.
10. La Sentenza 13 giugno 2006 della Grande Sezione della Corte di Giustizia del Lussemburgo.
La legge 117/1988 viola i principi dell’ordinamento comunitario, nella parte in cui limita arbitrariamente l’ambito della responsabilità civile dei magistrati. Convinta adesione dei primi autori della dottrina.
11. In direzione di una radicale riforma della legge 117/1988.
Efficacia immediatamente precettiva della sentenza 13 giugno 2006 della grande sezione, ai sensi della giurisprudenza della corte costituzionale.
Profili di incostituzionalità della legge 117/1988 per mancato adeguamento al diritto comunitario.
12. Ulteriori profili di incostituzionalità dell’art. 2 comma 1 ultimo periodo della legge 117/ 1988, nella parte in cui stabilisce l’irrisarcibilità del danno non patrimoniale da attività giudiziaria illegittima, diverso dal danno non patrimoniale derivante dalla mera e sola privazione della libertà personale.
13. La giurisprudenza disciplinare e civile del C.S.M., delle Sezioni Unite e Sezioni Semplici della Corte di Cassazione, formatasi sui vizi del travisamento dei fatti, dell’errore di diritto grossolano, dell’approssimazione ingiustificabile, delle motivazioni completamente avulse dal contesto di fatto e di diritto peculiare alla fattispecie controversa, delle omissioni di giudizio su questioni decisive, quali inequivoci fattori di responsabilità civile (e quindi anche) disciplinare.
Lesione del prestigio dell’ordine giudiziario in re ipsa.
14. Sulla giurisprudenza in tema di “”dolo”” e di “colpa grave inescusabile”, rilevante sia ai fini della responsabilità civile, sia di quella disciplinare.
15. Sulla piena estensione delle fattispecie ora tipizzate anche alle vicende disciplinarmente rilevanti anteriori all’entrata in vigore del Decreto Legislativo 109/2006.
Sull’immediata prevenzione del pretesto dell’irretroattività delle innovazioni de quo, facilmente superabile con la giurisprudenza sopra elencata, che le qualificava già rilevanti addirittura sub specie di responsabilità civile ex legge 117/88.
16. Alcuni particolari precetti del Decreto Legislativo 23 febbraio 2006 nr.109.
Riflessioni sulle fattispecie disciplinarmente rilevanti della grave violazione di legge, del travisamento dei fatti, del difetto di motivazione, dell’errore macroscopico.
Il canone ermeneutico dell’interpretazione letterale delle norme, quale limite normativo espresso rispetto ad una disinvolta e creativa attività interpretativa.
17. L’errore di fatto o travisamento dei fatti nei provvedimenti giudiziari e giurisdizionali. Considerazioni sulla configurabilità ed evidente sussumibilità del vizio nella fattispecie contemplata dall’art.2 co.1 lettera h) del Decreto Legislativo 23 febbraio 2006 nr.109.
18. Chiara sussumibilità del vizio dell’errore (altrimenti anche detto travisamento) di fatto nella fattispecie contemplata dall’art.2 co.1 lettera h) del Decreto Legislativo 23 febbraio 2006 nr.109.
19. Il difetto assoluto di motivazione, la motivazione apparente, la motivazione avulsa dal contesto di fatto e di diritto peculiare alla fattispecie controversa, l’omissione di giudizio su questioni decisive nei provvedimenti giudiziari e giurisdizionali.
Considerazioni sulla configurabilità ed evidente sussumibilità dei vizi nella fattispecie contemplata dall’art.2 co.1 lettere g), l), ed anche ff) del Decreto Legislativo 23 febbraio 2006 nr.109.
20. Ennesima conferma da parte della recente giurisprudenza della Corte di Cassazione Penale.
Sanzione della nullità ex art.178 lett. c) C.P.P., per il provvedimento giurisdizionale penale pretermissivo delle argomentazioni delle parti.
21. Considerazioni sulla configurabilità ed evidente sussumibilità del vizio di omessa od apparente motivazione, nella fattispecie contemplata dall’art.2 co.1 lettere g), l), ed anche ff) del Decreto Legislativo 23 febbraio 2006 nr.109.
22. Aspetti particolari del vizio di omessa od apparente motivazione.
L’omessa consid
erazione di massime di comune esperienza.
23. Aspetti particolari del vizio di omessa od apparente motivazione.
L’omessa considerazione della giurisprudenza della Corte di Cassazione e la rinnegazione della nomofilachia intesa come diretto corollario del principio di eguaglianza costituzionale.
24. L’omessa od apparente motivazione sulle argomentazioni della parte, quale fattispecie di violazione del diritto ad un equo processo e ad un ricorso effettivo, ex artt.1, 6, 13 e 19 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
25. Critiche alle obiezioni di alcuni settori della magistratura associata.
26. Alcuni suggerimenti conclusivi
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Il saggio che viene qui pubblicato si occupa di un tema che, nonostante sia di notevole rilevanza sociale per gli effetti che produce direttamente sulla qualità della vita di tutti i cittadini, è stato da sempre poco trattato da parte degli organi di informazione e, in parte, anche dalle varie Istituzioni del nostro paese, per i motivi più disparati (accennati nell’articolo).
Secondo una comune vulgata che non condividiamo, la classe politica di centro-sinistra sarebbe quella che, storicamente, avrebbe avuto un atteggiamento di maggiore attenzione nei confronti delle istanze a vario titolo articolate dalla magistratura italiana, in punto di tutela della funzione giudiziaria e giurisdizionale da ingerenze politiche o pressioni, asseritamente protese verso paventati sviamenti di potere.
Mentre, specularmente, la classe politica di centro-destra sarebbe quella più severa nei confronti di tali istanze, perché ad essa sarebbero confluiti molti personaggi più o meno inquisiti durante l’epoca di "tangentopoli".
Tali generalizzazioni non sono condivisibili per il riconosciuto, seppur non diffuso, impegno di numerosi esponenti del centro-sinistra, proprio nella direzione di un esaltazione del ruolo della magistratura intesa come luogo e momento di applicazione delle regole del diritto, ed al contempo di una fustigazione di quel particolare esercizio della funzione giudiziaria e giuridisdizionale che, prendendo a pretesto la discrezionalità valutativa del fatto e del diritto, tradisce la nobile missione della sua alta funzione attraverso decisioni apparentemente arbitrarie ed immotivate secondo il senso comune, prima ancora che secondo le ripetute regole del diritto.
Fra i tanti luoghi comuni che l’articolo che oggi pubblichiamo si prefigge di affrontare, vi è anche la visione della giurisdizione da parte della classe politica dell’attuale maggioranza parlamentare che, secondo un comune sentire, le impedirebbe di mettere a fuoco i problemi concreti in nome di una pretesa acritica e supina adesione al verbo dei magistrati, mentre al contrario la classe politica del centro-destra sarebbe la sola autentica fustigatrice del mal costume giudiziario.
Invero, siamo convinti che a nessuno schieramento politico interessi veramente sostenere fino in fondo l’autonomia ed indipendenza della magistratura, la quale si muove per "bande", come affermava Massimo Fini dalle colonne del quotidiano "Il Giorno", chiudendo gli occhi sulla diffusa irresponsabilità dell’operato di molti magistrati, la cui generalizzata impunità rappressenta una delle maggiori piaghe sociali e del sistema giudiziario.
Come si argomenta con dovizia di citazioni giurisprudenziali nel saggio che oggi pubblichiamo, la sottoposizione della magistratura ad un coerente sistema di sanzioni disciplinari e civili non pregiudica, in alcun modo, le cennate prerogative costituzionali previste dall’art.104 comma 1 della Costituzione, ma anzi le esalta ancora di più, proprio perché esalta il momento della sottoposizione del giudice solo alla legge, che costituisce altrettanto presidio costituzionale, a mente dell’art.101 comma 2, della stessa Costituzione.
Il testo completo del saggio sarà pubblicato sul prossimo numero in rete nel mese di settembre…