Verso la condivisione delle regole:
l’eredità umana di Caponnetto con le parole di Gherardo Colombo.
Un addio silenzioso e non privo di profonda amarezza quello dell’ex P.M. di mani pulite Gherardo Colombo, il quale per primo indagò per poi fermarsi sulle infiltrazioni della Massoneria nel sistema politico, economico e giudiziario italiano e sulle collusioni dello stesso con i poteri mafiosi e la grande criminalità organizzata.
Un addio sofferto che non nasconde la forte passione umana per quella giustizia che non c’è e in cui ha tanto creduto, imbavagliata dai poteri occulti e dalle logge coperte e scoperte, che ormai hanno quasi smesso di preoccuparsi di agire nell’ombra e distinguere le rispettive differenze (se mai ne sono esistite) sia perché nessuno più indaga sia perchè quei pochi che ancora cercano di farlo vengono criminalizzati, screditati o messi da parte, con mirate campagne diffamatorie e di delegittimazione, orchestrate ad arte dai poteri forti, che controllano l’informazione e le istituzioni, inclusa la magistratura e le più alte cariche dello Stato.
In un clima mesto e mimetizzato nella distrazione dei media che però dovrebbe essere assordante per le coscienze degli italiani, il P.M. che indagò sulle coperture di Michele Sindona, che smascherò la loggia P2 di Licio Gelli, che condusse le indagini di Mani Pulite lascia la magistratura. Ma annuncia non l’impegno…
"Se i tribunali sono l’osservatorio privilegiato e la sede naturale in cui stanare le illegalità è pur vero che l’ingiustizia nasce molto, molto più lontano. Nelle strade, nelle scuole, nei santuari dell’economia. Prima di lui altri magistrati, come Antonino Caponnetto o Rocco Chinnici, avevano capito l’importanza di parlare ai giovani perché informare è la prima forma di libertà per poter scegliere un futuro pulito e consapevole".
Lo incontriamo in un convegno sulla legalità dedicato alla memoria di Antonino Caponnetto. "La mafia ha più paura della scuola che dei giudici perché prospera sull’ignoranza della gente e sui bisogni della famiglie." Le sue parole suonano oggi come un’eredità preziosa per chi crede nell’educazione alla legalità e un timone per chi, in balia dello stravolgimento valoriale, crede che la legge sia un limite, un lacciuolo da slegare con la furbizia".
Cosa significa la parola giustizia? Significa mettersi dalla parte di chi?
"La nostra Costituzione ha fatto una scelta ben precisa mettendosi dalla parte dei deboli; eppure nel corso della mia carriera ho incontrato profitto e arroganza. Se Dio è quello allora giustizia è mettersi dalla parte del ricco.
L’Italia ha promulgato le leggi razziali, leggi per l’appunto e in quanto tali legittime, ma che erano anche la negazione della giustizia. Allora ecco che diventa necessario riempire le parole e comunicare in profondità il senso".
Cos’è la legalità?
"Secondo una recente ricerca l’80% delle banconote a Milano contengono tracce di cocaina. E chi sono i trafficanti di cocaina? La mafia ricicla il proprio denaro con persone, non sempre inconsapevolmente, oneste. Si pensi alla prostituzione, vero e proprio commercio di esseri umani, o ai confini sempre più labili tra chi corrompe e chi si fa corrompere, o agli omicidi bianchi che sono giunti alla media di 4-5 al giorno.
Allora bisogna fare un passo avanti e metterci d’accordo sul significato della parola onesto per individuare le interrelazioni tra lecito e illecito, il discrimine tra ciò che è onesto e ciò che sembra onesto. Ciascuno di noi è titolare di un diritto inalienabile. Ciascuno, non pochi privilegiati.
Da anni ormai si discute sul funzionamento della giustizia in Italia e ci si chiede perché sia così lenta. Io credo che vi siano diverse ragioni.
Il primo punto è la litigiosità degli italiani: talmente tanta è la devianza che c’è un continuo bisogno di condoni; eppure non si dovrebbe dimenticare che la regola giusta è nel nostro interesse, che i privilegi sono una tangente legalizzata. È importante che nasca una nuova sensibilità, che vada verso le regole condivise.
Il processo in Italia ha tempi lentissimi, magari la colpa potrà anche essere nell’incapacità organizzativa dentro le Procure, ma certo la giustizia non può funzionare quando il faro è il profitto, quando non cambia la relazione con il senso di giustizia.
Per far questo è necessario rispecchiarsi in una classe dirigente integerrima, sanare la frattura tra il paese e la cittadinanza, dialogare con i cittadini, riflettere con loro per risolvere e trovare insieme una soluzione senza smettere di tener presente che la politica è un servizio per i cittadini. Per far questo è necessario uno sforzo condiviso. Parlare è necessario tanto quanto avere orecchie per ascoltare: l’uno e l’altro sono imprescindibilmente connessi, sono punto di partenza e d’approdo della stessa via per il rispetto delle regole".
Tutto vero e profondamente condivisibile. Ma non va dimenticato che il nostro Paese ha più bisogno di magistrati coraggiosi che di altri maestri e politici. O meglio ha bisogno di tutti e tre, ma tenendo conto che la differenza sta nel coraggio di andare controcorrente. Il grande vuoto da colmare è quello lasciato da Falcone e Borsellino. Conclusivamente, come ipocritamente affermato dall’ex Procuratore Capo di Milano, Francesco Saverio Borrelli, che non ha mai perso l’occasione per predicare bene e razzolare a modo suo:"le ottime ragioni per lasciare erano quindi ottime ragioni per restare".
Vigevano, Cavallerizza del Castello 8.5.07