di Francesco Palese
Ma in Libano è stato usato o no l’uranio?
Dall’ultima audizione del Ministro della Difesa Arturo Parisi in Commissione di Inchiesta emergono due importanti aspetti.
1 – Nell’elenco dei teatri di guerra potenzialmente colpiti da munizioni all’uranio impoverito è stato inserito il LIBANO. Ma come? Non era stato sempre detto che in Libano non era stato utilizzato l’uranio? Questa sembra essere una gravissima contraddizione. Se veramente in Libano è stato utilizzato l’uranio, perchè viene ammesso solo adesso? Se, di contro, è vero che nel Libano non è stato utilizzato, qualcuno può pensare che sia stato inserito nell’elenco dei teatri per incrementare il campione di riferimento, togliendo significatività al dato dei morti. Un conto è un morto su dieci militari impegnati in missione, un altro conto è un morto su 20. A questo punto occorre rileggersi quello che dichiarava lo Stato Maggiore dell’Esercito sulla questione solo lo scorso febbraio rispondendo al COCER.
….Aggiungendo, inoltre, che "le citate risultanze sono state formalmente comunicate dal Ministero della Difesa al Parlamento a seguito di uno specifico sindacato ispettivo" e che "il Sottosegretario di Stato, rispondendo ad un’analoga interrogazione parlamentare, ha sottolineato che alle stesse conclusioni è giunta anche la componente tecnico-sanitaria di UNIFIL, che opera in Libano ai fini della valutazione del rischio ambientale". Quindi, nessun pericolo di contaminazione per i nostri militari in missione. A presentare l’interrogazione era stata, lo scorso 25 Ottobre, la deputata dei Verdi Tana De Zulueta. La risposta è relativa invece al 9 Novembre, quando ancora non era noto lo studio di alcune Ong inglesi ripreso dall’ultima inchiesta di Rainews24, sulle tracce di uranio riscontrate nel filtro d’aria di un’ambulanza operante nella zona di Beirut. Intanto nuovo stop alla partenza della nuova Commissione parlamentare di inchiesta. Lo scorso 24 Gennaio doveva essere la data per la prima convocazione da parte del Presidente del Senato Franco Marini. In quella sede si sarebbe dovuto procedere all’elezione della senatrice di Rifondazione Comunista Lidia Menapace alla carica di Presidente, ma ciò non è avvenuto, ed il tutto è stato nuovamente rimandato a data da destinarsi.
Ci sarebbero – da quanto è apparso su alcuni organi di stampa – forti resistenze da parte di Alleanza Nazionale, proprio sul nome della Menapace. Ma non solo. Sembra infatti che anche alcuni esponenti dei Democratici di Sinistra, tra i quali spiccherebbe il nome del viceministro Minniti, stiano facendo il possibile per ritardare l’insediamento della nuova Commissione. La stessa Menapace, ai nostri microfoni, pochi giorni fa aveva assicurato che la sua nomina sarebbe stata imminente, ma oggi afferma che "esiste una lobby che teme che si scopra qualcosa. Tutto induce a dire che bisogna fare presto e seriamente, evitando di trattare come un nemico della Patria chiunque voglia sapere qualcosa dai militari." Aspettiamo venga fatta chiarezza. Sarebbe anche il caso che il COCER dell’Esercito, risollevasse la questione davanti al proprio Stato Maggiore. Per questo invitiamo i delegati a darsi da fare. Forse è la volta buona che si riesce a "sapere" qualcosa.
Ricordo anche che in seguito all’intervista fatta dal sottoscritto al militare in Libano, ripresa da tutte le agenzie di stampa, da L’Unità e da altri quotidiani locali, esponenti della Difesa, di cui non ricordo il nome, precisamente al Quotidiano di Puglia affermarono che queste inchieste, erano prive di fondamento e che il sottoscritto si divertiva a "lanciare facili allarmismi".
Passarono pochi mesi e dal Libano tornò il primo militare affetto da tumore (il 2 giugno scorso). Passa ancora qualche mese e lo ammette – implicitamente – niente meno che il Ministro della Difesa in una formale audizione. Tutto passa inosservato, anche grazie a quel mucchio di "giornalistoni" dei grandi quotidiani che sulla vicenda uranio "non hanno capito mai un cazzo" come spesso ama ripetere un veterano ultra ottantenne.
La questione del Libano è importante. Perchè se non si interviene adesso passeremo i prossimi decenni a fare la conta dei morti e dei malati reduci da quell’area, come stiamo facendo adesso con i Balcani.
2 – Nel giro di alcune settimane, rispetto alla precedente audizione, i morti passano da 37 a 77. I Malati da 255 a 312. Lo stesso Parisi si è scagliato contro la "guerra di cifre" alla quale, sembrerebbe, stia partecipando attivamente anche lui. Poi c’è la questione delle AUDIZIONI e quella delle RESPONSABILITA’. Quando la commissione si deciderà a far testimoniare i MILITARI reduci dalle varie missioni? Molti si sono resi disponibili a testimoniare sulla mancata adozione delle misure di protezione contro l’uranio. Nessuno è stato ancora ascoltato. A qualcuno l’audizione è stata promessa dalla stessa presidente della Commissione Menapace. Ancora silenzio.
Queste audizioni sono importanti perchè dalle stesse si potrebbe cominciare ad indagare sulle responsabilità di chi quelle norme, facilmente rintracciabili sul sito http://www.vittimeuranio.com/ , non le ha fatte rispettare, esponendo i militari a rischi di possibile contaminazione. Ma la parola responsabilità, continua a rimanere un tabù. Comunque bisogna ammettere che il ministro Arturo Parisi, rispetto ai suoi predecessori, ci stia mettendo un impegno maggiore per far emergere piccoli spazi di verità.
Francesco PALESE
Direttore Responsabile http://www.vittimeuranio.com/
——————————————————————————–
L’uranio impoverito, questo sconosciuto.
Uranio impoverito è il termine con il quale in Italia viene definito l’uranio che è stato processato per estrarne l’isotopo 235, cioè l’uranio arricchito utilizzato come combustibile nelle centrali nucleari e come principale elemento detonante nelle armi nucleari. Il termine è una traduzione dall’inglese "depleted uranium", che a volte viene tradotto – soprattutto in ambienti scientifici e militari – con il termine uranio depleto. Da 12 kg di uranio naturale si ottengono all’incirca 1 kg di uranio arricchito al 5% di 235U e 11 Kg di uranio impoverito.
La tipica munizione all’uranio impoverito è costituita da un rivestimento (sabot) che viene perduto in volo per effetto aereodinamico e da un "penetratore", che è la parte che effettivamente penetra nella corazzatura, per il solo effetto dell’alta densità unita alla grande energia cinetica dovuta all’alta velocità. Il processo di penetrazione polverizza la maggior parte dell’uranio che esplode in frammenti incandescenti (fino a 3000 °C) quando colpisce l’aria dall’altra parte della corazzatura perforata, aumentandone l’effetto distruttivo. Le munizioni di questo tipo vengono chiamate in "gergo" militare API, Armor Piercing Incendiary Ammunitions ovvero munizioni incendiarie perforanti.
Circa 300 tonnellate di uranio impoverito sono state esplose durante la prima guerra del Golfo (principalmente dai cannoni GAU-8a da 30mm degli aeroplani d’attacco A-10, ogni proiettile dei quali conteneva 272 grammi di uranio impoverito).
L’uranio impoverito è stato usato anche in Bosnia, nella guerra del Kosovo e nella Operazione Enduring Freedom (OEF), in misura minore.
Nel 2001 Carla del Ponte, allora a capo del Tribunale Penale Internazionale per
l’ex-Jugoslavia affermò che l’uso di armi all’uranio impoverito da parte della NATO avrebbe potuto essere considerato un crimine di guerra.
Quando un penetratore all’uranio impatta su un obiettivo, o quando un carro armato con corazzatura all’uranio prende fuoco, parte dell’uranio impoverito brucia e si frammenta in piccole particelle. I penetratori all’uranio impoverito che non colpiscono l’obiettivo possono rimanere sul suolo, essere sepolti o rimanere sommersi nell’acqua, ossidandosi e disgregandosi nel corso del tempo.
La dimensione delle particelle di uranio create, la facilità con cui esse possono essere inalate o ingerite e la loro capacità di muoversi attraverso l’aria, la terra, l’acqua o nel corpo di una persona dipendono dalla maniera con cui si è polverizzato l’uranio impoverito metallico. L’uranio impoverito è un metallo pesante radioattivo. Un contatto diretto e prolungato con munizioni o corazzature all’uranio impoverito può causare effetti clinici nefasti. Tuttavia, l’uranio impoverito giunge al suo massimo potenziale di danno quando suoi frammenti o polveri penetrano nel corpo.
La tossicità chimica dell’uranio impoverito rappresenta la fonte di rischio più alta a breve termine, ma anche la sua radioattività può causare problemi clinici nel lungo periodo (anni o decenni dopo l’esposizione).
Il pericolo principale di contaminazione è quindi l’inalazione, seguito dal contatto e dall’assorbimento mediante il ciclo alimentare o attraverso l’acqua. Un pericolo particolare deriva dall’incorporazione di particelle di uranio impoverito attraverso le ferite, che le porta direttamente a contatto con i tessuti vitali.
Uno studio effettuato da Diane Stearns, biochimico presso la Northern Arizona University, ha stabilito che cellule animali esposte a sali di uranio (acetato di uranile) vanno soggette a mutazioni genetiche determinando tumori e altre patologie, indipendentemente dalle sue proprietà radioattive.
Secondo le stime dell’ Onu nella sola area balcanica sono stati esplosi circa 31.000 colpi di arma da fuoco contenenti uranio impoverito, che corrispondono in termini di peso a circa 9 tonnellate.
In Italia le associazioni a sostegno delle vittime di uranio impoverito, di cui ANA-VAFAF Associazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate nelle Forze Armate e Familiari è catalizzatore mediatico, hanno stimato più di 500 malati. Tra questi le patologie più diffuse hanno carattere demielinizzante o tumorale e possono persino determinare malformazioni ai figli . Il fulcro della notizia di recente riportata da GR News, però, oltrepassa il piano degli effetti, di per sé tragici e irrevocabili e abbraccia il piano delle cause. Secondo il direttore di GR News Francesco Palese, le Forze Armate italiane erano a conoscenza che il pericolo di contaminazione fosse ben più di una remota possibilità. Se ciò dovesse essere confermato ci troveremmo in presenza di gravissime responsabilità militari, penali e civili dal momento che al contingente italiano non sono stati comunicati i rischi di salute a cui sarebbe andato incontro, né offerte adeguate protezioni.
Molte persone all’insorgere dei primi sintomi non hanno saputo collocarli da un punto di vista diagnostico: oggi che la sintomatologia assume elementi di continuità è possibile per loro ricondurli al periodo di lavoro svolto all’estero. Uno dopo l’altro emergono nuovi casi di "presunta"contaminazione, essi vanno oltre il piano militare e riguardano anche operatori internazionali come i lavoratori delle Ong. La ricostruzione delle responsabilità ha già avuto un precedente nella Commissione Mandelli, i cui esiti però non convincono le associazioni delle vittime. Oggi Parlamento e Magistratura stanno indagando per acclarare se si sia trattato di una negligenza consapevole e individuare chi ne abbia la responsabilità.
48 persone sono già morte. Chi è rimasto rifiuta di essere "classificato" come invalido di legge e chiede allo Stato che gli venga riconosciuta la causa di servizio e il risarcimento di circa 25.000 Euro previsto dalla legge n. 280 del 1991.
Nulla di più di un diritto, nulla di meno che la verità.
Per chi volesse saperne di più http://www.grnews.it/ e http://www.vittimeuranio.com/