In appendice il video dell’intervista ad "Anno Zero" e la denuncia ai Carabinieri sulle minacce subite dalla famiglia del Giudice Forleo che preannunciavano l’oscura morte dei suoi genitori.
Clementina Forleo e tutti noi avremmo diritto ad un "giudice" imparziale
di Felice Lima (Giudice del Tribunale di Catania).
Quando si invoca "il rispetto delle regole", si deve sapere che o lo si fa con tutti, oppure "il rispetto delle regole" è una cosa ingiusta.
Applicare le regole solo quando fa comodo o solo nei confronti di chi fa comodo è la più grave delle ingiustizie, perché è un’ingiustizia che si ammanta di giustizia e cerca di fare apparire legittimo ciò che infine non lo è.
Si contesta alla collega Clementina Forleo di avere "creato disagio" nella magistratura per le sue dichiarazioni consistite nell’avere riferito – nelle sedi competenti – di avere ricevuto "suggerimenti" e/o "pressioni" con riferimento ad atti che doveva compiere per il suo ufficio.
Il comunicato stampa del C.S.M. con il quale, il 5 dicembre, è stata data formalmente notizia dell’avvio della procedura amministrativa per il trasferimento d’ufficio della collega Forleo dice testualmente: "La Prima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha deliberato all’unanimità l’apertura della procedura per incompatibilità ai sensi dell’art. 2 della Legge sulle Guarentigie nei confronti della dott.ssa Mariaclementina Forleo, giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in relazione a situazioni di grave disagio determinatesi nell’ambiente nel quale ella svolge le proprie funzioni giudiziarie e a dichiarazioni pubbliche rese dal magistrato relativamente ad interferenze ed intimidazioni istituzionali subìte, che non hanno trovato riscontro nell’istruttoria svolta".
Il caso della collega Forleo pone tantissimi interrogativi.
Io ne voglio sottoporre all’attenzione di tutti qualcuno, in particolare.
La prima considerazione che intendo fare è che i fatti a cui si riferisce il comunicato del C.S.M. consistono nell’avere la collega riferito di avere avuto colloqui con due magistrati autorevoli, l’uno in servizio e l’altro in pensione.
Costoro, sentiti, hanno negato di avere detto le cose riferite dalla collega Forleo.
Come già bene illustrato dal collega Stefano Sernia nell’articolo "L’equazione Forleo" pubblicato su questo blog, sembra davvero sorprendente e non coerente con la logica che si deduca la falsità delle dichiarazioni della collega Forleo dal solo fatto che le persone da lei indicate non le abbiano confermate.
Come dice il collega Sernia, c’è da sperare che l’affermazione qui in discussione si fondi su altri elementi di giudizio, perché il solo fatto che gli "interessati" neghino non può bastare da solo a dire che la collega Forleo abbia mentito.
E’ di tutta evidenza, sotto il profilo della logica, che se un mio collega, parlandomi a quattr’occhi mi dice qualcosa di grave e in qualche modo deplorevole, io ho l’obbligo di riferirlo nelle sedi competenti.
Se non lo riferissi ometterei di fare il mio dovere.
E’ altrettanto ovvio che potrebbe accadere che il mio collega, quando gli si contesti di avermi detto quelle cose, neghi di averle dette, anche per propria autodifesa.
E’ ovvio, infine, che, essendo il colloquio avvenuto a quattr’occhi senza testimoni, resterà la mia parola contro quella del collega.
Il che non vorrà dire necessariamente che io abbia detto il vero, ma ovviamente neppure se ne potrà dedurre che io abbia detto il falso.
D’altra parte, posta come la si pone nel comunicato del C.S.M. che ho riportato sopra (che non dice che la collega ha mentito, ma che le sue parole "non hanno trovato riscontro"), la conclusione che ne dovremmo trarre è che se un mio collega o anche un estraneo, diciamo chiunque, in ipotesi (per fare un’ipotesi di scuola più "marcata", diversa da quella qui in discussione, ma identica nello schema logico), mi fermasse e a quattr’occhi mi minacciasse pesantemente, io mi dovrei stare zitto e non dirlo a nessuno, perché se lo dicessi e quello negasse di avermi minacciato, io verrei … trasferito.
La seconda considerazione è relativa al fatto che il 4 dicembre u.s., un giorno prima che la Prima Commissione del C.S.M. aprisse formalmente la pratica relativa alla procedura di trasferimento d’ufficio della collega Forleo, il Vicepresidente della Commissione, prof. Letizia Vacca, ha reso alla stampa dichiarazioni particolarmente gravi e violente contro i colleghi Forleo e De Magistris.
Per brevità non riporto tutti gli articoli, che mi limito ad elencare, e da essi traggo alcune delle parole attribuite, tra virgolette, alla prof. Vacca, della quale i giornali ci tengono a dire essere al C.S.M. perché indicata dal Partito dei Comunisti Italiani.
Gli articoli a cui faccio riferimento (ma ce ne sono anche altri) sono tutti del 4 dicembre e sono uno di Francesco Grignetti su La Stampa, uno senza firma a pag. 14 de Il Sole 24 Ore, uno di Massimo Martinelli su Il Messaggero, e uno di Anna Maria Greco su Il Giornale.
Ha detto, fra l’altro, la prof. Vacca (riporto le parole indicate tra virgolette negli articoli predetti, finora non smentite):
«Eravamo partiti dalla necessità di verificare l’esistenza dei complotti denunciati. Invece non risulta alcun complotto o intimidazione. Abbiamo constatato invece la situazione difficile che si è venuta a creare per questa rappresentazione mediatica. Una reazione non positiva negli uffici milanesi. Una reazione di disagio. Si sono sentiti tutti offesi ed allarmati. E ora siamo allarmati e sconcertati anche noi».
«Questi giudici che in tv si presentano come eroi, sono dei cattivi giudici che fanno soltanto male alla magistratura. Non basta il sillogismo: "Ho fatto il nome di D’Alema e allora mi perseguitano". Ci vogliono fatti. Perché se c’è un complotto, allora la situazione è grave e noi interveniamo a difesa del singolo giudice. Ma se poi scopriamo che il complotto non c’è, è anche peggio. Certi comportamenti sono devastanti. E non ci interessa se qualcuno dirà che non ci preoccupiamo di Michele
Santoro, della tv o degli effetti sull’opinione pubblica. Noi siamo tenuti a occuparci soltanto della serenità degli uffici giudiziari».
«Dobbiamo solo precisare i capi di contestazione e votare», «è necessario che emerga che Forleo e De magistris sono cattivi magistrati, e non perché fanno i nomi dei politici».
«Non siamo animati da spirito persecutorio ma solo dalla volontà di riportare serenità in quegli uffici. Nessuno mette in dubbio la buona fede della Forleo, ma il complotto non c’è».
«Le sue dichiarazioni hanno creato preoccupazione negli ambienti giudiziari e sono state lesive dell’immagine dei magistrati di Milano, che si sono sentiti offesi. La situazione appare completamente diversa da come è stata rappresentata da Forleo: non risulta nessun complotto e nessuna intimidazione».
«Questa non è una magistratura seria e questi comportamenti sono devastanti. I magistrati devono fare le inchieste e non gli eroi».
"E quando i giornalisti le chiedono se lo stesso discorso vale per De Magistris, sul quale il C.S.M. si confronterà oggi, lei ammette: «Sì, anche per lui. Che è comunque diverso, molto più lucido».
E ancora, assimilando la Forleo a De Magistris: «Si tratta di figure negative»!!!
Ciò posto, voglio sottolineare:
1. Che non riesco a capire come il fatto che Clementina Forleo abbia riferito, nelle sedi competenti (Procura di Brescia), di avere subito delle "pressioni", facendo i nomi delle poche specifiche persone che le avrebbero fatte possa avere indotto, come dice la prof. Vacca, tutti i magistrati milanesi a sentirsi "offesi e allarmati".
2. Che mi sembra molto grave che il giorno prima in cui la Commissione del C.S.M. della quale è Vicepresidente doveva decidere che fare nel caso sottoposto al suo giudizio, la prof. Vacca abbia anticipato ai giornalisti l’esito della pratica.
3. Che, in relazione a come io percepisco i miei doveri di magistrato e quelli di una Commissione del C.S.M., mi allarma la frase della prof. Vacca: «Dobbiamo solo precisare i capi di contestazione e votare». E’ il "solo" che mi preoccupa, perché lascia intendere che ci sia dell’altro che è già stato fatto, cosa che sembra confermata dalla circostanza che la prof. Vacca il giorno prima della seduta della Commissione sia stata in grado di anticipare l’esito della stessa, parlando al plurale non maiestatis. Mentre a me pare che «precisare i capi di contestazione» e soprattutto «votare» non dovrebbe essere "solo", ma "ancora e fondamentalmente". E che prima di allora non si dovrebbe potere ipotizzare come andrà a finire, a meno che non ci sia un "pregiudizio", nel doppio senso di "giudizio dato prima" e di "giudizio dato a prescindere".
4. Che mi sembra molto grave che, nel farlo, la prof. Vacca abbia parlato al plurale ("eravamo partiti", "abbiamo constatato", "dobbiamo solo precisare"). Delle due l’una, infatti: o la prof. Vacca abusava del plurale, attribuendo arbitrariamente a tutta la Commissione sue personali opinioni e ciò sarebbe gravissimo, oppure ella fondatamente parlava al plurale e allora questo vuol dire che l’intera Commissione aveva già deciso in anticipo cosa fare e il giudizio era già bell’e fatto in anticipo.
5. Che mi sembra assolutamente inaccettabile, sotto il profilo deontologico e sotto quello tecnico, che il "giudice" incaricato di un procedimento come quello qui in discussione dia – per giunta pubblicamente e alla stampa – pesanti e indebiti giudizi di valor
e che non le sono consentiti sotto alcun profilo, non sui fatti, ma addirittura sulle persone sottoposte al suo giudizio: "Sono cattivi magistrati", "Questa non è una magistratura seria", "Si tratta di figure negative".
Ma ve lo immaginate cosa sarebbe successo se Clementina Forleo il giorno prima di depositare le ordinanze sul caso Unipol avesse detto ai giornalisti: "Domani depositerò le ordinanze sul caso Unipol. Ho già deciso di indicare come colpevoli Tizio e i suoi compagni di partito. Deve restare chiaro che questi sono cattivi politici. Che questa non è una politica seria".
Sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale.
A tutto questo si deve aggiungere una considerazione tecnica che a me pare importante.
Per un verso, infatti, è inaccettabile sempre e in ogni caso che un "giudice" esprima giudizi di valore sulle persone sottoposte al suo giudizio. Mai io direi di un imputato di un processo che tratto che è "una cattiva persona". Ciò che devo dire è se ha commesso o no questo o quel fatto, se si è verificata o no quella situazione.
Ma per altro verso, poi, la procedura della quale si sta occupando la prof. Vacca con la Commissione del C.S.M. di cui è Vicepresidente è quella di cui all’art. 2 della Legge sulle Guarentigie (è il Regio Decreto Legislativo 31 maggio 1946, n. 511, nel testo via via modificato fino ad oggi).
Quella procedura si applica alla ipotesi in cui un magistrato, senza sua colpa, si trovi in una condizione obiettiva di incompatibilità ambientale. L’ipotesi disciplinata da quella norma è testualmente quella nella quale dei magistrati "per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialita". I casi tipici sono quelli delle relazioni familiari o amicali con persone che esercitano la professione forense o svolgono altre funzioni giudiziarie nella stessa sede o sono coinvolte in vicende giudiziarie rilevanti nella sede di lavoro del magistrato (e a queste fa espresso riferimento il primo comma della norma).
Si tratta di una procedura amministrativa priva, per il magistrato, delle garanzie assicurategli nel procedimento disciplinare.
Essa può essere utilizzata solo al di fuori dei casi di responsabilità disciplinare, perché se, invece, si deve ipotizzare una responsabilità disciplinare – e nel caso della collega Forleo il Procuratore Generale della Cassazione ha addirittura già formalizzato gli addebiti – il C.S.M. non può più procedere d’ufficio al trasferimento del magistrato, ma lo può fare solo su richiesta del Ministro o del Procuratore Generale.
E ciò, fra l’altro, perchè il C.S.M. è il "giudice" del processo disciplinare, e vi è un noto brocardo latino che dice "ne procedat iudex ex officio". Oggi anche dinanzi al C.S.M. si applica la regola della separazione fra accusatori e giudici. Dunque, quando un magistrato è "incolpato" di qualcosa, il C.S.M. assume e dovrebbe mantenere nei suoi confronti il ruolo imparziale del "giudice" e non quello dell’accusatore, che è affidato al Ministro e al Procuratore Generale della Corte di Cassazione.
D’altra parte, proprio a proposito della richiesta di trasferimento del collega De Magistris avanzata dal Ministro della Giustizia in tanti hanno detto: "Ma di che vi allarmate: tanto a decidere c’è un giudice terzo che è il C.S.M.".
Ma certo, ora, leggendo le dichiarazioni della prof. Vacca sui giornali, non è che si stia sereni su questa netta divisione di ruoli.
Dunque, la prof. Vacca e i suoi colleghi del C.S.M., con riferimento a questa questione, non devono e non possono occuparsi di eventuali "colpe" della collega Forleo, ma solo verificare se vi sia o no una situazione obiettiva di incompatibilità. E se colpe si potessero ipotizzare – e nel caso della collega Forleo non solo si ipotizzano, ma addirittura i relativi addebiti sono già stati formalizzati – la Prima Commissione dovrebbe immediatamente fermare la sua attività in attesa delle eventuali richieste del titolare dell’azione disciplinare.
Le parole della prof. Vacca sopra riportate e la sua affermazione secondo la quale «è necessario che emerga che Forleo e De Magistris sono cattivi magistrati» sono, quindi, estremamente preoccupanti, perché fanno temere che la prof. Vacca (se parlava solo per sé, nonostante usasse il plurale) e l’intera Commissione, che ha votato all’unanimità, (se il plurale usato dalla prof. Vacca era vero) stiano usando in maniera indebita e strumentale la procedura di cui all’art. 2 della Legge sulle Guarentigie per "punire" i colleghi Forleo e De Magistris, piuttosto che per risolvere un problema di "incompatibilità ambientale" per il quale quella norma è stata pensata e voluta dal legislatore. E ciò costituirebbe grave violazione di regole ben precise. Perché, ovviamente, è possibile "punire" quei due magistrati, se lo meritano, ma per farlo bisogna rispettare la legge e le procedure garantite relative al procedimento disciplinare. E il magistrato ha diritto ad avere un "giudice" e non può, invece, subire due accusatori. Né si può usare indebitamente come "scorciatoia" per la sanzione disciplinare la procedura ex art. 2 della Legge sulle Guarentigie.
Tutto ciò posto, mi resta da chiedermi:
1. Possiamo noi magistrati essere costretti a subire un "giudice" tanto prevenuto e che ci tiene così tanto a dichiarare in pubblico ai giornali e con anticipo le sue intenzioni punitive che intende attuare con una procedura che non consentirebbe di "punire"?
2. Non avremmo diritto a un "giudice" imparziale e "sereno", che giudichi i fatti e non l
e persone? Che decida sulla base della legge e degli atti e non per dare patenti pubbliche di "buono" e "cattivo" a questo e a quello?
3. Non sarebbe doveroso che la Commissione del C.S.M. chiarisca la posizione propria e quella della prof. Vacca con riferimento alle dichiarazioni pubbliche di quest’ultima e che ella e i suoi colleghi a nome dei quali diceva di parlare si astengano in ogni caso dal giudicare questa vicenda?
4. Tutte le alte cariche istituzionali che, come dirò più avanti, non hanno esitato a esprimere pubblicamente e reiteratamente giudizi violenti e a mio parere (ma anche a parere di autorevoli giuristi) infondati sul contenuto di un provvedimento giudiziario reso dalla collega Forleo non avrebbero il preciso dovere di indignarsi ed esprimere giudizi almeno altrettanto severi sulle condotte di chi deve giudicare la collega Forleo, pretendendo che, con fatti concreti, la procedura in questione venga ricondotta su binari adeguati?
5. Non sarebbe doveroso che il C.S.M. si chiedesse quanto "allarma e sconcerta" che proprio dal C.S.M. e proprio dalla Commissione che si occupa del caso siano "venuti fuori" indebitamente documenti riservati, facendo sorgere vari interrogativi sulla legittimazione di quella Commissione a giudicare taluno accusato di … avere dato luogo a fughe di notizie? (sul punto in questo blog è stato pubblicato il testo di una iniziativa di alcuni Consiglieri del C.S.M., a questo link) E non sarebbe doveroso che, postasi la domanda, il C.S.M. non si limitasse a un generico, per quanto "fermo" (sic!), "richiamo" ai Consiglieri di comportarsi bene e fare i bravi e traesse dai fatti conseguenze più concrete, onde evitare che si dia luogo a una situazione per la quale gli "errori" dei dottori Forleo e De Magistris vanno puniti duramente e per gli "errori" del C.S.M. (che degli "errori" dei colleghi Forleo e De Magistris dovrebbe essere il "giudice") è sufficiente l’invito a comportarsi meglio in futuro?
6. Com’è possibile che l’Associazione Nazionale Magistrati non intervenga a reclamare dal C.S.M. le condizioni minime di una procedura amministrativa corretta, che assicuri l’indipendenza del C.S.M. prima ancora che quella dei singoli giudici, conseguente alla prima? Com’è possibile che l’A.N.M. su tutta questa vicenda non abbia niente da dire e taccia? Se tace in casi come questo, a che serve? Di cosa si vuole occupare? Con quale credibilità i suoi dirigenti possono ancora sostenere che questa associazione non sia solo, come appare, uno strumento di gestione del "potere interno" alla magistratura?
Infine, sia la prof. Vacca il giorno prima che l’intera Commissione del C.S.M. all’unanimità il giorno dopo hanno detto che l’obiettivo della procedura in questione sarebbe quello di eliminare la situazione di "grave disagio" creatasi a Milano.
Ma io mi chiedo: dov’erano il C.S.M., l’A.N.M. e tutti i magistrati italiani quando la collega Forleo, prima, durante e dopo l’adozione delle ordinanze sul caso Unipol è stata oggetto di attacchi di violenza rara e inaudita da parte di ogni tipo di istituzione pubblica?
Ho fatto una rassegna stampa dei giornali editi nel periodo in questione. Sono centinaia di articoli. Per brevità, mi limito a riportare qui sotto solo alcuni dei titoli più significativi presi a caso.
Leggendo quegli articoli si comprende come si deve essere sentita la collega, colpevole solo di avere fatto il suo dovere.
Mi stupisce enormemente che si avanzino dubbi sul fatto che la collega Forleo abbia subito pressioni in relazione al suo lavoro con riferimento alla vicenda Unipol, dato che gli stessi articoli di stampa che riporto costituiscono all’evidenza una enorme "pressione" essi stessi e testimoniano oltre ogni ragionevole dubbio la forza degli interessi coinvolti in quella vicenda e la determinazione degli interessati e dei loro amici a condizionarne l’esito.
Si potrà discutere, quando si sarà raggiunto un qualche grado di certezza (che ancora non c’è né in un senso né nell’altro), se la collega Forleo abbia subito o no le pressioni delle quali ha riferito alla Procura di Brescia. Ma che abbia subito ogni tipo di altre pressioni non è in alcun modo dubbio, perchè è provato dalla semplice raccolta di centinaia di articoli di stampa, che, a tacer d’altro, sono stati essi stessi lo strumento della pressione.
Fa veramente paura vedere con quanta aggressività si contesta a Clementina Forleo di avere reso due o tre dichiarazioni alla stampa.
La si è insultata a reti e giornali unificati per molti mesi e lei è stata zitta.
Un giorno, quando agli insulti si sono aggiunte ispezioni e contestazioni, si è difesa anche pubblicamente e tutti coloro che non avevano ritenuto di indignarsi fino ad allora, si indignano stracciandosi le vesti per l’attentato alla "serenità dei giudici", attentato che sarebbe stato commesso … dalla collega Forleo e non da chi l’aveva aggredita in ogni modo!
Così come è indubbio che numerose importanti autorità politiche hanno ritenuto di sindacare il merito di suoi provvedimenti giurisdizionali, traendo da tale sindacato (a mio modesto parere indebito, usando qui l’espressione in senso diverso da "legittimamente criticare") motivi per rivolgere alla dott.ssa Forleo veri e propri attacchi personali.
A fronte di questo "fuoco di sbarramento" e di questa "aggressione collettiva dall’alto" in danno di un semplice magistrato senza alcuna tessera di partito e non iscritto ad alcuna corrente dell’A.N.M., nessuno di coloro che secondo la prof. Vacca e il C.S.M. sarebbero a disagio oggi si è sentito a disagio e soprattutto nessuno è intervenuto.
Clementina Forleo è stata lasciata completamente sola!
La posizione dell’A.N.M. – che vorrei definire veramente grottesca – è rappresentata nell’articolo di Marianna Bartoccelli su Il Giornale del 23.7.2007, "L’A.N.M. abbandona la Forleo. Imbarazzo delle toghe: un’inchiesta molto delicata", il cui testo consiglio vivamente di leggere (cliccando sul titolo per ottenerlo).
La tesi che Clementina Forleo abbia abusato nel redigere le motivazioni delle ordinanze sul caso Unipol è smentita, fra gli altri, da uno dei più autorevoli studiosi di procedura penale, il prof. Franco Cordero, che ha definito quei provvedimenti un "atto dovuto".
La dott.ssa Forleo aveva il dovere di dare seguito a una richiesta della Procura della Repubblica, che le chiedeva di chiedere al Parlamento l’autorizzazione alla utilizzazione delle intercettazioni telefoniche che coinvolgevano anche D’Alema, Fassino, Latorre e altri.
Non appena si è saputo di quelle intercettazioni, tutti i politici interessati hanno subito minimizzato, dicendo che si trattava di "chiacchiere fra amici", di "tifo", insomma di "cose senza importanza".
Se la collega Forleo non avesse esposto le ragioni per le quali quelle telefonate le sembravano rilevanti, il Parlamento avrebbe fatto ciò che tutti i parlamentari che parlavano del caso dicevano: minimizzare la cosa.
La collega Forleo ha espostole ragioni per le quali quelle intercettazioni erano rilevanti e ciò sembra avere impedito la prosecuzione della linea difensiva delle "chiacchiere fra amici".
Faccio il magistrato da poco meno di ventidue anni e ho letto centinaia di sentenze e ordinanze nelle quali si parla di condotte di persone non imputate e/o non parti dei processi (penali e/o civili) nei quali quei provvedimenti sono stati adottati e tutti sanno che in ciò non c’è proprio nulla di strano, tranne quando queste persone non imputate e/o non parti si chiamano Massimo D’Alema o con altri nomi importanti.
Le ordinanze della dr Forleo si trovano su internet ai seguenti indirizzi, così che ognuno, leggendole, si possa fare una propria idea dell’oggetto del contendere:
Prima ordinanza – Parte seconda
Concludo sottolineando con forza e convinzione che io non credo si debba dare ai colleghi Forleo e De Magistris alcun "salvacondotto".
Se essi hanno sbagliato in qualcosa, che paghino, come tutti.
Il fatto che si siano distinti in maniera particolare per rettitudine e coraggio me li rende particolarmente cari come colleghi, ma so che ciò non mi consente di auspicare alcuna particolare forma di clemenza per loro.
Ma alla giustizia credo abbiano diritto loro e ognuno di noi.
Ciò che, in sostanza, vorrei non è che si fosse indulgenti con loro, ma che li si giudicasse con giustizia, rettitudine e correttezza.
Vorrei un C.S.M. corretto, equanime, rispettoso delle regole, tutore dell’indipendenza dei magistrati.
E ciò non solo per il bene dei colleghi Forleo e De Magistris, ma anche per quello di ogni magistrato e dell’intero Paese.
Fra l’altro, ciò che serve al Paese è l’indipendenza "dei magistrati" (di ogni singolo magistrato), che è cosa del tutto diversa dall’indipendenza della "magistratura".
L’indipendenza della magistratura senza l’indipendenza dei magistrati si trasforma, infatti, soltanto in un privilegio corporativo e nello strumento di un potere che non serve il Paese – dal quale, infatti, è sempre più lontano e meno apprezzato – ma sé stesso.
Da "Uguale per tutti" www.toghe.blogspot.com
Clementina Forleo ad Anno Zero
Caricato da james_milan