ARRESTATO ILLEGALMENTE SOLO PER AVER DEFINITO “CORROTTI” DEI MAGISTRATI FRANCESI.
Questa incredibile storia di ordinaria follia giudiziaria, da Ancien régime, in specie per un Paese come la Francia, che ha battezzato la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789), da cui trae origine la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dalle Nazioni Unite, comincia in modo quasi normale con una causa di divorzio tra i coniugi Forney e la scelta su a chi e come affidare i figli della coppia.
Renè Forney denuncia la collusione tra i magistrati di Grenoble e il Consiglio General dell’Isère e le loro supposte mafiose derive giudiziarie che lo spogliano di fondamentali diritti processuali, nonché di tutti i suoi beni, attraverso una sistematica distorsione delle regole procedimentali, paralizzandone la difesa, e per questo è ristretto in carcere dal 7 febbraio scorso.
Viene, infatti, ingiustamente condannato a ben due diverse pene, per mesi 6 di carcerazione, a fronte dei medesimi fatti: la prima, il 20/9/2013, da parte della Corte d’appello di Nimes, aggravando la decisione del Tribunal Correctionnel di Privas, che l’aveva condannato a 3 mesi, la seconda, il 18/9/2006, da parte della Corte d’appello di Grenoble, per ulteriori 6 mesi di carcerazione, con la concessione della condizionale, che viene poi però revocata nel sett. 2013.
Già da queste brevi premesse si può agevolmente capire che nell’operato dei magistrati a torto o a ragione definiti “corrotti”, vi è, a prima vista, qualcosa che non va, in quanto nessuno può venire condannato due volte per lo stesso reato, proprio in forza della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dalle Nazioni Unite, figlia della Rivoluzione francese.
Ma chi è Renè Forney?
E’ il Presidente di “La Meme Justice pour Tous”, Associazione francese gemellata da alcuni anni con Avvocati senza Frontiere e altre realtà associative che si propongono di creare un network, presentando al Commissario Europeo per la Giustizia e ad altre Autorità un dossier di denuncia sui casi più emblematici raccolti nell’ambito dei Paesi aderenti all’Unione Europea, monitorando il fenomeno della malagiustizia, in stretta collaborazione tra tutte le Associazioni di volontariato europee, con le quali dar vita a un «Osservatorio sulla legalità», assolutamente indipendente dai partiti, in maniera da poter analizzare e informare l’opinione pubblica, sui comportamenti di Tribunali e Corti territoriali, in materia di osservanza delle leggi e rispetto della legalità ovvero della dignità umana, spesso calpestate proprio da coloro che dovrebbero far rispettare le leggi.
Renè Forney è quindi un «human rights defender», esponente della Società civile, di anni 60, che si adopera, da oltre 20 anni, a tutela della legalità, contro gli abusi giudiziari, di cui egli stesso è rimasto vittima, come nel caso di specie, senza avere mai inteso commettere alcun reato né ideologico né di altra specie nei confronti della magistratura francese.
Il suo curriculum professionale è di tutto rispetto: dopo aver conseguito la laurea in ingegneria all’Istituto Nazionale Politecnico di Grenoble, ha lavorato nelle grandi imprese di metallurgia, fino a diventare direttore di una fabbrica di manifattura nella regione di Valence.
Cosa, allora, ha spinto Renè Forney a denunciare i magistrati francesi?
A questo punto, la domanda d’obbligo che ognuno dovrebbe porsi è: cosa ha spinto un uomo onesto e ben pensante a fare un’affermazione così forte nei confronti di un potere dello Stato?
E perché vi è stata una distorsione così eclatante delle normali procedure?
Durante le fasi più delicate della separazione alcuni avvocati, incorrendo in infedele patrocinio, secondo quanto denunciato, hanno impedito a Renè Forney di produrre in giudizio documenti ritenuti fondamentali alla sua difesa, e questo ha favorito e non poco la sua ex moglie, la quale frequentava un ufficiale di polizia ben introdotto in ambienti giudiziari, socio di un pregiudicato, già condannato per fatti di corruzione ed espulso dalla polizia francese di cui faceva parte.
In seguito i magistrati di Grenoble hanno archiviato la denuncia per infedele patrocinio, senza svolgere alcuna indagine, coprendo in tal modo le responsabilità degli ex difensori di Renè, che è stato così indotto a rivolgersi alle più alte cariche dello Stato.
Il Ministro della Giustizia francese, dopo aver ricevuto un esposto, in cui l’ingenuo Renè, confidando di rivolgersi ad un’istituzione indipendente, gli raccontava la sua odissea giudiziaria, anziché aprire un’indagine per accertare i fatti, trasmetteva il fascicolo al Procuratore Generale, affinché prendesse immediati provvedimenti, senza una preventiva istruttoria.
Ed è così che i giudici francesi, attraverso una distorsione delle normali procedure di legge, sono pervenuti prima alla decisione di spogliarlo di tutti i suoi beni immobili e di violare il suo diritto ad avere una normale vita familiare, eppoi a privarlo della sua stessa libertà personale.
Renè, infatti, aveva comprato coi propri risparmi un’abitazione, prossima al centro di Grenoble, ristrutturandola completamente con le sue mani, facendola diventare molto bella e accogliente, di cui è stato espropriato, unitamente ad altri due appartamenti, acquistati come investimento.
Oggi a causa di provvedimenti illegittimi e persecutori ha perso pressoché tutto.
I magistrati di Grenoble, però, non si accontentano di aver favorito con ogni mezzo gli avvocati infedeli e la moglie di Renè, e si accaniscono contro di lui, fino a trarlo illegalmente in carcere.
Le normali procedure e garanzie processuali prevedono, infatti, il cd. regime di “garde à vue”, cui è stato arbitrariamente sottoposto [a scopo evidentemente intimidatorio e ritorsivo], il Presidente di “La Meme Justice pour Tous”, come un istituto speciale di restrizione preventiva di libertà presso la stazione di polizia, il cui limite massimo è di 24 ore prorogabile di altre 24. Peccato che, nel caso di specie, Renè sia stato assoggettato a tale regime per più di 150 ore.
Inoltre, occorre denunciare che questo regime di privazione della libertà può venire utilizzato, dalla polizia o dalla gendarmeria, solo in casi particolari di gravi indizi o sospetti, nei confronti di persone che abbiano commesso o si ritenga siano in procinto di commettere un delitto o un crimine, non certo in caso di mera contravvenzione.
Potrà mai essere possibile che in un ordinamento democratico come quello francese siano equiparati un’ingiuria e un omicidio?
Sicuramente no. Nel codice penale francese, infatti, l’ingiuria o diffamazione privata sono considerati contravvenzione di prima classe, mentre quella pubblica un delitto, senza che ciò appaia, tuttavia, avere delle solide basi giuridiche.
In ogni caso, il fatto che appare ancor più grave e meno lineare sia dal punto di vista tecnico-giuridico sia del comune buon senso che dovrebbe venire applicato nel giudicare ogni cittadino, è che i magistrati denunciati di Grenoble vengano giudicati dalla Corte della medesima città.
Si è chiesta a gran voce una sospensione del giudizio, per evidente incompatibilità ambientale, con rimessione degli atti ad un’altra Corte, ma ogni istanza è stata sinora ignorata.
Sciopero della fame e della sete. Sono malati di mente i giudici o Renè Forney ?
Renè Forney, mentre faceva lo sciopero della fame e della sete per rivendicare i suoi più elementari diritti, è stato, altresì, abusivamente trasferito per “sicurezza” in un Ospedale-carcere a Lione, prima struttura del genere sul territorio francese, che dovrebbe ospitare i detenuti che hanno bisogno di cure speciali, in quanto portatori di malattie psichiatriche.
Possibile che una persona che sta lottando per la sua libertà e per i diritti umani, a cui nessuno ha mai accertato alcuna malattia psichica, possa venire segregato in una struttura del genere, ponendo anche elevati costi a carico dello Stato francese?
E’ infine da evidenziare un’ulteriore prassi abusiva in questo abnorme procedimento più degno dell’Inquisizione spagnola che degli eredi della Rivoluzione francese. Quest’ultimo processo, infatti, non inizia con una richiesta d’indagine al giudice d’istruzione, come è normale prassi giudiziaria per i reati classificati come delitto, ma attraverso la più veloce citazione diretta.
La caratteristica essenziale di questo tipo di processo è quella che la vittima o il pubblico ministero possono citare direttamente l’indagato a presentarsi in tribunale, informandolo dell’imputazione e della data dell’udienza, con un preavviso di soli 10 giorni.
Vista la possibilità di utilizzare un’altra procedura più lenta e garantista, appare evidente l’insensatezza e abusività della scelta opposta degli inquirenti francesi, volta ad accelerare i tempi per arrivare il più in fretta possibile ad una conclusione sommaria e predefinita del caso.
Il 10 aprile u.s. il giudice che si occupa dell’applicazione delle pene (Tribunale di Sorveglianza), è giunto scandalosamente a respingere anche la mera richiesta di rivalutare la pena irrogata, sostituendo la misura del carcere con la libertà controllata portando un braccialetto elettronico.
La motivazione, tale da far dubitare non solo dell’onestà intellettuale del magistrato francese, ma anche del suo stesso equilibrio e indipendenza, è che Renè Forney sarebbe (sic!) “pericoloso sia per la società che per i giudici” …
Giudizio di appello. Ci sarà un Giudice a Grenoble?
Il 16 maggio, a pronunciarsi, in grado di appello, sulla concessione della misura alternativa, sarà la Corte d’Appello. Se verrà negata una seconda volta la più lieve ma comunque umiliante ed afflittiva pena della libertà controllata, saremo tutti testimoni di un accanimento giudiziario, forse senza precedenti nella storia del diritto della Repubblica francese e dei Paesi democratici, nei confronti di un rappresentante della Società civile, che si batte contro la corruzione, perché è evidente a tutti che Renè Forney non è di certo pericoloso a chicchessia, se non per le sue più che legittime denunce nei confronti di magistrati ed infedeli servitori dello Stato francese.
Il caso di Maurice Agnelet, rimasto impunito per oltre 37 anni per l’omicidio di Agnes Le Roux, insegna che sono certi magistrati francesi ad essere socialmente pericolosi.
Maurice Agnelet, nel 1977, è un giovane avvocato affiliato alla potente massoneria di Nizza, che insieme alla mafia mirava ad impadronirsi del controllo dei Casinò della Costa Azzurra.
La madre di Agnes Le Roux è proprietaria del prestigioso Casinò Palaise de la Méditerranée. Agnelet circuisce la giovane ricca ereditiera e la convince a vendere la sua parte a Dominique Fratoni (boss mafioso implicato anche in traffici di droga e riciclaggio), per tre milioni di franchi e a depositarli su un c/c bancario comune intestato sia a lei che allo stesso Agnelet.
Dopo di che la giovane scompare e il suo corpo non verrà mai più ritrovato.
I famigliari di Agnes hanno da subito denunciato che le indagini siano state volontariamente insabbiate, da magistrati collusi ed affiliati alla massoneria. La madre ha dichiarato: “all’epoca, malauguratamente, il Procuratore capo era un massone, il capo dell’Avvocatura massone, Fratoni massone, il giudice istruttore massone e Agnelet … capo venerabile dei massoni. Io non sono stata ascoltata da nessuno. A Nizza all’epoca c’era una situazione spaventosa…”.
Quella stessa spaventosa situazione che 37 anni dopo continua a denunciare Renè Forney.
Di fronte a una giustizia doppia e socialmente pericolosa, ci auguriamo che anche Renè possa trovare giustizia, come infine accaduto alla madre di Agnes. Solo pochi giorni fa, infatti, Maurice Agnelet, è stato finalmente condannato a 20 anni di carcere, seppure l’arresto sia avvenuto solo grazie alla confessione del figlio dello stesso Agnelet che, preso dal rimorso, ha dichiarato: “mio padre mi ha detto di essere stato lui a ucciderla e a far sparire il corpo, durante un weekend in campeggio nei pressi di Montecassino”.
Viaggio già noto agli investigatori, da ben 37 anni, che si limitavano, però, all’epoca, a condannare Agnelet, a soli 30 mesi per appropriazione indebita, ma scagionandolo dall’accusa di omicidio, sulla base di un falso alibi, neppure verificato, dando credito ad un assassino, che nei giorni della scomparsa della vittima, riferiva si sarebbe trovato in un albergo a Ginevra con un’altra sua amante, alibi che però, come detto, non fu mai incongruamente controllato e che in seguito è stato smentito con il semplice controllo dei registri dell’albergo, dove il suo nome non compare.
Il Comitato di sostegno per l’immediata liberazione di Renè Forney
Nelle ultime settimane, cessato lo sciopero della fame e della sete, Renè Forney ha comunque continuato ad informare i suoi concittadini francesi attraverso le sue lettere dalla prigione, che sono giunte anche a noi dello Staff di Avvocati senza Frontiere.
Chi vuole sostenerlo e aiutarci nel promuovere una mobilitazione della Società civile europea, può scrivere direttamente a Renè, informarsi visitando la pagina fb del Comitato di Sostegno, o contattarci, affinché mai più accada che una persona per bene finisca in carcere e sia ritenuto socialmente pericolo, solo per avere denunciato dei magistrati, definendoli, pare non a torto, “corrotti o mafiosi”. Ovviamente con il beneficio di presunzione d’innocenza, che spetta però anche a Renè Forney!
MJT (La Meme Justice pour Tous) reneforney1@gmail.com
Sito René Forney: http://www.trafic-justice.com/
PER SAPERNE DI PIÙ E PER ADERIRE AL COMITATO DI SOSTEGNO:
https://www.facebook.com/events/495793143863957/506451682798103/?comment_id=506455879464350¬if_t=event_mall_reply
http://reseau-colin-bagnard.over-blog.org/article-rene-forney-ecrit-a-la-ministre-reponse-une-incarceration-122468775.html
http://echosdesmontagnes.e-monsite.com/pages/rene-forney-prison-varces-policiers-justice.html
VIDEO ESPLICATIVI SULLE DENUNCE DI RENÈ FORNEY :
Per saperne di più sul caso di Maurice Agnelet e dell’omicidio di Agnes Le Roux: