“VI PREGO NON LASCIATEMI MORIRE IN CARCERE!“
È il disperato appello di Pietro Palau Giovannetti (65 anni), gravemente malato, Presidente della Onlus Movimento per la Giustizia Robin Hood – Avvocati senza Frontiere e della Associazione 5 Stelle per la Legalità, con il quale si rivolge alla Società civile per denunciare il silenzio dei media e l’accanimento giudiziario delle Autorità italiane nei suoi confronti, ovvero la disumanità delle condizioni di sopravvivenza dei detenuti, sollecitando una grande generale amnistia per tutti i Paesi europei che violano i diritti fondamentali dell’uomo: come l’Italia, la Grecia e la Turchia. Dove la privazione della libertà è solo una atroce incessante violenza punitiva e una forma di brutale vendetta da parte dello Stato, senza alcuna funzione rieducativa.
Pietro Palau Giovannetti è un Human Rights Defender con riconoscimenti internazionali, quali quello della Fondazione Kennedy of Europe che, nella pubblicazione “Speak Truth to Power. Coraggio senza Confini”, ha paragonato la sua figura a quella di Vera Stremkovskaya, avvocatessa bielorussa perseguitata dalla magistratura di regime per le sua attività in difesa di soggetti deboli, ritenuti scomodi. Manuale diffuso nelle scuole in 500.000 copie, dove vengono indicati gli eroi di ieri e di oggi, difensori dei diritti umani, che stanno cambiando il mondo con mezzi pacifici.
Da oltre 30 anni, Pietro, infatti, si adopera contro tutte le mafie e la corruzione, contrastando la criminalità economica dei colletti bianchi, il racket delle aste giudiziarie e dei fallimenti, e gli abusi giudiziari, per affermare in concreto il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Per questo è stato persecutoriamente condannato ad oltre 10 anni di carcerazione per fatti bagatellari e reati di opinione, ampiamente prescritti e/o abrogati in quanto risalenti ad oltre 27 anni fa. Ciò senza avere, peraltro, mai, in effetti commesso alcun reato né societario né tantomeno ideologico, essendosi limitato a denunciare gli abusi giudiziari subiti, da parte di poteri forti, nella gestione dei procedimenti riguardanti le sue attività imprenditoriali e umanitarie, in difesa di soggetti deboli.
Attualmente, Pietro si trova illegalmente detenuto da oltre cinque mesi, prima nelle prigioni-lager di Korydallos (Grecia), poi nelle carceri di Roma-Rebibbia e di Rieti, ora nel Centro Clinico di S. Vittore a Milano, sebbene la Corte di Cassazione con sentenza n. 51053/17 abbia annullato il provvedimento di cumulo del P.G. di Milano, che ne disponeva la carcerazione, al di fuori delle previsioni di legge, riconoscendo l’esistenza di reati abrogati e/o prescritti, e plurimi errori di calcolo del presofferto, a fronte dei quali non avrebbe dovuto neppure entrare in carcere un solo giorno, o quantomeno venire rimesso immediatamente in libertà..
Il suo arresto, invece, è avvenuto lo scorso 28.10.2017, all’aeroporto di Atene, proprio mentre si accingeva a ritornare a Milano per partecipare al processo di rinvio disposto dalla Cassazione con sentenza del 13.7.2017, che accoglieva il suo ricorso per incidente di esecuzione risalente al 28.1.2015 e, tutt’ora da decidere a distanza di oltre 3 anni. Una lungaggine che non trova precedenti nella storia del diritto, riguardando provvedimenti in materia di libertà personale, i cui procedimenti sono stati per altro pilotati sui medesimi magistrati incompatibili, per aver già giudicato nel merito i precedenti gradi, in violazione del principio di terzietà del Giudice e delle norme sul giusto processo.
L’odissea giudiziaria di Pietro è quella di un piccolo imprenditore, illegalmente dichiarato fallito nel 1992, per l’irrisoria somma di un milione di vecchie lire, pur avendo poco prima rifiutato un assegno da un miliardo e mezzo di lire, che consegnava ai P.M. del pool milanese, denunciando il tentativo di farlo fallire e di corromperlo per mettere a tacere le sue denunce nei confronti dei più alti vertici della Guardia di Finanza e del Tribunale di Milano. Esposti e attività che diedero impulso al movimento di “mani pulite”, raccogliendo oltre 250.000 firme a sostegno della lotta alla corruzione e dei magistrati antimafia, e contro i “Decreti Salvaladri”.
Ora, rischia di morire in prigione in spregio alla stessa più recente ordinanza 22.3.2018 della Corte di Appello di Milano, che pur riconoscendo la pena residua pari a poco più di 2 anni, non dispone neppure la sospensione dell’esecuzione, come prevista per legge, rimettendo dilatoriamente gli atti al P.G. e, quest’ultimo al Magistrato di Sorveglianza, vedendosi in tal modo negare qualsiasi misura alternativa al carcere, e financo la liberazione anticipata, di norma concessa anche ai recidivi per reati associativi, neanche fosse peggio di un pericoloso mafioso. Senza che alcun organo di informazione ne abbia dato omertosamente notizia, se non per infangare la sua figura e screditare l’immagine pubblica della Onlus da lui rappresentata. Una detenzione che si pone al di fuori di qualsiasi schema legale. Dal 21.3.2018 ha iniziato lo sciopero della fame e farmacologico, per affermare il diritto costituzionale alla libertà di cura e l’umanità della pena per tutti i detenuti. La sua vita è in pericolo. SALVIAMOLO!
SALVIAMOLO! FIRMA ANCHE TU E DIFFONDI LA PETIZIONE ON LINE PER LA DOMANDA DI GRAZIA
https://www.change.org/p/pietropalaulibero A cura dello staff di Avvocati senza Frontiere
SOSTIENI ANCHE TU LA CAMPAGNA PER UNA GENERALE AMNISTIA EUROPEA IN TUTTI I PAESI CHE VIOLANO I DIRITTI DELL’UOMO!
Le nostre prigioni: da Atene-Korydallos a Roma-Rebibbia.
Diario dal carcere di Pietro Palau Giovannetti
A Korydallos credevo di essere entrato all’inferno, ma dopo essere stato recluso per oltre 8 giorni nel reparto “transito” di Rebibbia ho amaramente rimpianto la prigione greca, sebbene classificata già nel 2010 da Amnesty International, come la peggiore di tutta Europa. Non avrei mai immaginato le condizioni di gravissimo degrado in cui vengono “accolti” i detenuti nella capitale-culla del diritto romano.
Il giorno di Capodanno abbiamo redatto una petizione al Garante per i diritti dei detenuti, al Presidente della Repubblica e al Ministro della Giustizia, denunciando la violazione dei più elementari diritti alla salute e rispetto della dignità umana. Celle gelide e fatiscenti, senza riscaldamento, pareti lerce ed ammuffite, docce fredde, fogne intasate e liquami maleodoranti che fuoriescono dal w.c. Una sola ora d’aria al giorno in un tetro cortile, tra grigie mura di cemento armato, reti metalliche e filo spinato, alti fino ad oscurare il cielo. Uomini costretti a dividere il letto o, a dormire per terra, in celle sovraffollate, come gabbie per animali, in cui si viene rinchiusi per ben 23 ore nel resto della giornata, vissuta nell’inedia più totale. Una condizione simile ai campi di concentramento.
Abbiamo invitato Papa Francesco a venirci a trovare, raccomandandogli di non fermarsi all’ingresso, dove vi era un bel presepe ed un grande albero di Natale. Lo abbiamo pregato di sostenere la campagna per una grande amnistia europea e di fare sentire la nostra voce nei palazzi del potere. In questi ultimi quattro mesi di brutale detenzione ho visto morire vari uomini anziani e gravemente malati, taluni di oltre 80 anni detenuti per lievi reati che, a norma di legge, non avrebbero neppure dovuto entrare in carcere. Anche a S. Vittore le condizioni detentive sono intollerabili e disumanizzanti. Sembra di entrare nelle segrete di una prigione medioevale. Luce al neon ovunque, squallore e desolazione, come in un bunker sotterraneo antinucleare. Aria fetida. Anziani e malati su sedie a rotelle. Per lo più povera gente per reati minori. Volti disperati e sofferenti, che rivelano un uso spregiudicato della detenzione in carcere. Dobbiamo adoperarci affinchè al principio di “certezza della pena” venga sostituito quello di “certezza dell‘umanità della pena”, senza il quale non vi è giustizia né tantomeno misericordia.
Vi chiedo, a nome di tutti i detenuti di fare uscire le nostre disperate grida dalle disumane prigioni in cui siamo internati e di sollecitare visite ed interrogazioni parlamentari sulle condizioni in cui sopravvivono quasi 60.000 detenuti nelle sole carceri italiane, oltre alle svariate centinaia di migliaia segregati negli altri Paesi europei che violano i più elementari diritti dell’uomo. Una crudeltà che sa di Medioevo.
E’ solo l’intervento delle istituzioni europee che potrà porre fine all’indifferenza dei partiti e governi interessati solo ai risultati elettorali, piuttosto che ai diritti fondamentali dell’uomo di cui dovrebbero essere portatori e paladini.
Roma, Rebibbia 10.1.2018 – Milano, S. Vittore 13.4.2018 Pietro Palau Giovannetti
DONACI IL TUO 5X1000! C.F. 97156190155 ONLUS MOVIMENTO PER LA GIUSTIZIA ROBIN HOOD