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La condanna di Davigo

domenica 25th, Giugno 2023 / 14:16 Written by
Caso Amara

Nella distrazione di massa eterodiretta dal mainstream e servizi segreti si dimentica che il vero problema non è Piercamillo Davigo, ma l’affossamento delle indagini sulla loggia Ungheria di cui farebbero parte, secondo le rivelazioni de Il Fatto Quotidiano, per la maggior parte appartenenti a Magistratura indipendente. La corrente più antica e conservatrice che ha annoverato fra i suoi più illustri iscritti magistrati come Pierluigi Vigna e Paolo Borsellino. Mentre, il fondatore della loggia segreta Ungheria sarebbe stato Gianni Tinebra, ex procuratore di Caltanissetta, legato al Borsellino-quater che la sentenza di Corte d’Assise definisce «uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana». Insomma, come accade di norma in Italia, a finire sotto processo e venire condannati per i reati più strampalati sono i cittadini e i fedeli servitori dello Stato che hanno il coraggio di denunciare. La condanna a Davigo, ex membro del C.S.M., per rivelazione di segreto d’ufficio sui verbali dell’ex legale di E.N.I., è un un’evidente atto ritorsivo dei poteri occulti che controllano la magistratura bresciana, vero porto delle nebbie, dove negli ultimi 40 anni, salvo Antonio Di Pietro e Paolo Storari, è rarissimo che un magistrato sia stato rinviato a giudizio e, tantomeno condannato, in quanto a venire perseguiti sono solo coloro che denunciano la vasta corruzione politico-giudiziaria.
Amara dichiarò al P.M. Storari di appartenere ad una loggia segreta (prosecuzione della P2), rivelando che il precedente C.S.M. sarebbe stato in toto controllato dalla Loggia Ungheria. A sua volta, Storari, nell’aprile 2020, allarmato dalle condotte omissive dei vertici della Procura di Milano e dall’insabbiamento delle indagini consegnò quei verbali, contenenti decine di nomi di appartenenti alle forze dell’ordine, alla magistratura e ai vertici delle istituzioni.
“Premetto che non conoscevo il dottor Storari, ci fu una telefonata in cui mi disse che aveva bisogno di parlarmi, venne a casa mia e mi raccontò di una situazione che a me parve assolutamente fuori dagli schemi, anomala – racconta Davigo -. Storari era seriamente preoccupato e il primo consiglio che gli ho dato era di mettere per iscritto che dovevano iscrivere, perché per esperienza so che di un fatto sgradevole risponde sempre il più basso in grado. Ho visto i documenti in word e lì c’era una notizia di reato: non ho mai visto non iscrivere chi rende dichiarazioni auto incriminanti, chi come Amara dichiara di far parte di una loggia massonica. Non potevano non iscrivere e non potevano non iscrivere Amara immediatamente, sulla legge Anselmi quantomeno”. Davigo sottolinea come a Storari, visto il suo ruolo, “non è opponibile il segreto”, e riferisce anche le sue perplessità nel veicolare i documenti con “un plico riservato”, temendo che “dopo il caso Palamara ci potesse essere una fuga di notizia”. Sul ruolo dell’ex procuratore capo di Milano, Francesco Greco, Davigo confida di non aver “mai pensato che fosse un delinquente, ma che era un superficiale si”. “Storari mi rappresentó una situazione di grave anomalia – ha continuato nel suo interrogatorio il magistrato -. Ancora oggi sono convinto che Storari mi raccontò la verità quando mi disse che i suoi capi non lo facevano lavorare. L’ho visto seriamente preoccupato. Non potevo pensare di chiamare Greco dicendo che un suo magistrato sosteneva che lui non faceva quello che doveva”.
A voi e ai posteri l’ardua sentenza “In nome del Popolo Italiano” …

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